Voi
che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
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Il Bambino con il pigiama a
righe, Herman M, Rizzoli, 2008
L’Olocausto, la guerra,
l’infanzia: una storia senza
tempo di innocenza perduta e
umanità ritrovata.
L’amicizia con Shmuel guida il
piccolo Bruno, coccolato
rampollo di un ufficiale del
Reich, in un viaggio
sconvolgente, dall’ingenuità
dell’infanzia alla più cruda
delle realtà. |
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Essere senza destino, Kertesz I,
Feltrinelli, 2006
Dal Premio Nobel
2002, un libro sul
mondo
concentrazionario e
sulla psicologia dei
campi di
concentramento
secondo uno
scampato, che
vorrebbe
paradossalmente
farsi portavoce
della "felicità" dei
campi.
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"Non esiste
assurdità che non
possa essere vissuta
con naturalezza e
sul mio cammino, lo
so fin d'ora, la
felicità mi aspetta
come una trappola
inevitabile. Perché
persino là, accanto
ai camini,
nell'intervallo tra
i tormenti c'era
qualcosa che
assomigliava alla
felicità. Tutti mi
chiedono sempre dei
mali, degli
'orrori': sebbene
per me, forse,
proprio questa sia
l'esperienza più
memorabile. Sì, è di
questo, della
felicità dei campi
di concentramento
che dovrei parlare
loro, la prossima
volta che me lo
chiederanno".
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Diario, Anna Frank, Einaudi,
2001
Il Diario
di Anna Krank è
il racconto
della vita di
una ragazza
ebrea di
Amsterdam,
costretta nel
1942 ad entrare
in clandestinità
insieme alla
famiglia per
sfuggire alle
persecuzioni e
ai campi di
sterminio
nasìzisti. Il
diario da lei
tenuto, Anna
racconta la vita
e le vicende di
tutti i giorni,
scrivendo le
proprie
impressioni
sulle persone
che vivono con
lei.
Nell'agosto del
1944 i
clandestini
vennero scoperti
e arrestati;
furono condotti
al campo di
concentramento
di Westerbork,
ma ad eccezione
del padre di
Anna tutti
quanti morirono
all'interno dei
campi di
sterminio
nazisti. Anna
morirà di tifo
bergen Belsen
campo di
concentramento
situato in
Germania, nel
marzo del 1945,
insieme alla
sorella Margot,
dopo essere
prima stata
deportata nel
settembre 1944
ad Auschwitz.
Alcuni amici di
famiglia che
avevano aiutato
i clandestini
riuscirono a
salvare gli
appunti scritti
da Anna
all'interno
dell'alloggio
segreto,
consegnandoli
poi al padre,
che ne curò la
pubblicazione
avvenuta ad
Amsterdam nel
1947, col titolo
originale Het
acherhuiscil (il
retrocasa). Dopo
una accoglienza
iniziale fredda,
a mano a mano
che il pubblico
veniva a
conoscenza dei
fatti della
Shoah, il libro
ebbe svariate
traduzioni e
pubblicazioni
(ad oggi è
pubblicato in
più di quaranta
paesi) e
rappresenta una
importante
testimonianza
delle violenze
subite dagli
ebrei durante
l'occupazione
del nazismo
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Se questo è un uomo, Levi Primo,
Einaudi, 2006
Il testo venne
scritto non per
vendetta, ma
come
testimonianza di
un avvenimento
storico e
tragico. Lo
stesso Levi
diceva
testualmente che
il libro era
nato fin dai
giorni di lager
per il bisogno
irrinunciabile
di raccontare
agli altri, di
fare gli altri
partecipi ed
è scritto per
soddisfare
questo bisogno.
Il romanzo,
durante la sua
genesi, fu
comunque oggetto
di
rielaborazione.
Al primo impulso
da parte di
Levi, quello di
testimoniare
l'accaduto,
seguì un
secondo, mirato
ad elaborare
l'esperienza
vissuta, il che
avvenne grazie
ai tentativi, da
parte
dell'autore, di
spiegare
in qualche modo
l'incredibile
verità dei lager
nazisti.
Anche dopo la
pubblicazione,
comunque, la
scrittura
dell'esperienza
personale
vissuta alla
fine della
guerra rimase
perennemente un
lavoro in corso.
Successivamente
a Se questo è
un uomo
venne infatti
pubblicato il
romanzo La
tregua che
descriveva
l'interminabile
viaggio nei
paesi dell'est
in cui era stato
coinvolto Levi
dopo la
liberazione del
campo.
Quest'opera
doveva il suo
titolo al fatto
di rappresentare
una fase in cui
la mente del
protagonista
restava in parte
libera dal
pensiero
assillante della
prigionia. Un
pensiero che
comunque lo
avrebbe
riassalito al
momento di
ritornare a casa
e anche negli
anni successivi.
Nel 1986, ad
esempio, venne
alla luce il
sagigo I
sommersi e i
salvati che
tornava a
trattare la
tematica del
lager.
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Quelli che si salvarono, Blum I,
NeriPozza, 2007
Weimar, 1939. La guerra è appena
iniziata e Anna, una diciottenne
orfana di madre, che vive con il
padre ma senza il suo affetto,
conosce Max Stern, un medico
ebreo trentaseienne, e se ne
innamora. Quando Stern è
costretto a fuggire, ricercato
dalle SS non solo perché ebreo
ma per la sua attiva
partecipazione alla rete di
resistenza antinazista, Anna
decide di ospitarlo nella
propria casa, in un sottoscala
dimenticato, di nascosto dal
padre, che non fa mistero delle
proprie simpatie per il regime.
Max e Anna diventano amanti.
Aiutata dalla fornaia Mathilde,
membro della resistenza, Anna
tenta di procurarsi dei
documenti falsi per espatriare
in Svizzera con Max. Ma proprio
quando i documenti sono pronti e
Anna sta per annunciare a Max di
essere incinta, il padre scopre
il nascondiglio e fa arrestare
il medico, che viene internato
nel campo di concentramento di
Buchenwald, costruito nei boschi
intorno alla città. Dopo un duro
confronto col padre, Anna scappa
di casa e si rifugia da Mathilde,
la fornaia: non rivedrà mai più
né suo padre, che presto si
trasferisce a Berlino, né Max,
che verrà impiccato nel campo.
Nell'anno in cui Anna mette al
mondo Trudy, la figlia concepita
con Max, Mathilde viene scoperta
mentre trasporta un carico di
armi verso il campo ed è uccisa.
Al forno si presenta un
ufficiale nazista, il quale fa
chiaramente capire ad Anna che
avrà salva la vita se accetterà
di essere la sua amante. E così
sarà, fino alla fine della
guerra e alla fuga del soldato
in Sud America.
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Diario, Hillesum E, Adelphi,
2007
Un
"cuore pensante" testimonia la
propria fine in un campo di
concentramento. Accanto al
Diario di Anna Frank, uno dei
documenti indispensabili sulla
persecuzione degli ebrei. "Se
Etty insiste a ripeterci che
tutto è bello, è perché
un'ebraica volontà di vivere
fino in fondo vuole questo in
lei. Un rivestimento ideale,
poetico, ricopre in lei la
solida, l'irriducibile, l'intima
forza ebraica" (Sergio Quinzio).
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L'inventore di compleanni,
Ortega G, Piemme, 2006
Mi chiamo Hurbinek. Sono nato ad
Auschwitz il 5 marzo 1942 e sono
morto il 3 marzo 1945. Questa è
la mia storia. Nessuno sa se
sono russo, polacco o ungherese.
Nessuno si ricorda della mia
mamma, rinchiusa in una baracca
destinata alla camera a gas per
la sola colpa di essere ebrea.
Sono stato chiamato Hurbinek da
un operaio quindicenne che si è
preso cura di me fino alla mia
morte. Ho le gambe atrofizzate,
forse perché mi hanno slogato le
anche quando mi hanno buttato
nella neve sperando che morissi,
o forse perché sono stato
vittima degli assurdi
esperimenti del dottor Mengele,
l'Angelo della Morte che si
divertiva a torturare noi
piccoli deportati in nome del
suo folle sogno di gloria |
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Un Bambino piange ancora,
Barzaghi U, TEA, 2004
Nata insieme con la guerra e
cresciuta nella Germania
hitleriana, Ursula Rütter
Barzaghi ha trascorso i
primissimi anni di vita
relativamente al sicuro, tra le
mura della caserma di Lubln, in
Lorena, protetta dagli eventi
esterni ma non dalla cintura del
padre, ex poliziotto violento e
dedito al bere, rapidamente
inseritosi nelle file dei
nazisti. Il precipitare della
situazione, e la fine del
conflitto, l’hanno gettata poi,
insieme alla madre, alla sorella
e al fratello e a milioni di
altri tedeschi, nella realtà di
un Paese devastato, ridotto alla
miseria e che si svegliava
dall’incubo peggiore della sua
storia. Il padre, nel frattempo,
era scomparso «al fronte
russo...», lasciando un ricordo
così doloroso e ingombrante da
cancellare persino l’immagine
della sua uniforme, quella delle
SS.
Con grande onestà, e con grande
coraggio, Ursula Rütter Barzaghi
ha scavato nella memoria e ha
ricostruito la sua storia di
bambina e di ragazza, cresciuta
come tanti altri suoi coetanei
ascoltando storie dell’orrore
sui bambini cristiani rapiti
dagli ebrei, o sui russi in
agguato nei boschi in mezzo ai
lupi; ignorando a scuola la
tragedia recente e andando poi a
giocare in mezzo alle macerie
prodotte dai bombardamenti
alleati; dedicando molto tempo
alla ricerca del cibo e
cominciando infine a lavorare. E
ponendosi intanto domande sempre
più dolorose e pressanti,
sollecitate dai ricordi ma
destinate a restare a lungo
senza risposta, poiché coloro
che potevano dire, raccontare,
cercare di spiegare – gli adulti
– erano barricati dietro un muro
invalicabile, chiusi «sotto una
cappa di silenzi stesa sulle
loro colpe»: un abisso tra padri
e figli che ha segnato per
sempre un’intera generazione.
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Shosha, Singer I, Longanesi,
1999
Shosha
è la compagna di giochi del
piccolo Aaron Greidinger, figlio
del rabbino della via Krochmalna,
a Varsavia. A Shosha, che lo
ascolta con la meravigliosa
stupefazione dei semplici, Aaron
racconta storie fantastiche,
fiabe, storie d'amore che non
oserebbe raccontare a nessun
altro. Ma l'incanto si spezza.
La prima guerra mondiale è alle
porte, il padre di Aaron è
costretto a lasciare la città...
Tornato a Varsavia ormai adulto
e deciso a diventare scrittore,
Aaron si getta nella vita
febbrile della capitale,
frequentando i circoli
artistici, partecipando ai
fermenti politici e inseguendo
le promesse d'amore di molte
donne. E sarà proprio una di
queste, per capriccio, a
trascinare Aaron nei luoghi
della sua infanzia, in via
Krochmalna, nel ghetto. "Shosha"
può essere letto in molti modi:
come la parabola dell'ebreo
sradicato, come la storia di
un'educazione sentimentale, come
il viaggio iniziatico di un
artista, ma forse il modo più
giusto è proposto dallo stesso
autore. Alla domanda "Che storia
è quella narrata in Shosha?"
Singer rispose: "Una storia
d'amore".
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Le lettere del sabato, Dische I,
Feltrinelli, 1999
Tre generazioni di
ungheresi: un nonno,
un padre e un
figlio. Potenti e
teneri affetti,
mentre sullo sfondo
avanzano nazismo,
guerra e Olocausto.
“Sono
nato con la
camicia,” ripete
ancora una volta
Laszlo, il padre di
Peter, prima di
trasferirsi, alla
fine degli anni
trenta,
dall’Ungheria a
Berlino. Peter va
con lui e osserva
affascinato la
grande città, con i
suoi cinema e le
feste e l’atmosfera
di grande
eccitazione che non
riesce a capire fino
in fondo. Peter non
sa di essere ebreo e
quando Laszlo non
può più
nasconderglielo lo
rimanda in Ungheria,
dal nonno. Qui Peter
aspetta una
settimana dopo
l’altra le lettere
che ogni sabato
arrivano puntuali da
Berlino e lo fanno
sognare. Ma
l’illusione si fa
sempre più fragile
finché un giorno…
|
|
|
La vita è bella, Benigni R,
Einaudi, 1998
Questo
libro è la sceneggiatura, ricca
come un racconto, del film
scritto da Roberto Benigni e
Vincenzo Cerami, "La vita è
bella". Una storia che, come
afferma lo stesso Benigni, "fin
dal primo momento mi ha fatto
battere molto forte il cuore...
Perché la vita è bella, e anche
nell'orrore c'è il germe della
speranza, c'è qualcosa che
resiste a tutto, a ogni
distruzione... Il film è un inno
al fatto che siamo condannati
poeticamente ad amare la vita
per forza: perché la vita è
bella." |
|
L'amico ritrovato, Uhlman F,
Bompiani, 1998
Due ragazzi sedicenni
frequentano la stessa scuola
esclusiva. L'uno è figlio di un
medico ebreo, l'altro è di ricca
famiglia aristocratica. Tra loro
nasce un'amicizia del cuore,
un'intesa perfetta e magica. Un
anno dopo, il loro legame è
spezzato. Questo accade in
Germania, nel 1933... Racconto
di straordinaria finezza e
suggestione |
|
Dal liceo ad Auschvitz, Jacobson
L, l'Unità, 1996
Raccoglie le lettere che una
ragazzina di 17 anni, Louise
Jacobson, scrisse ai familiari e
alle amiche dal campo di
concentramento di Drancy, dove
fu rinchiusa dopo l'arresto,
avvenuto nell'agosto dei '42,
fino alla partenza per
Auschwitz, il 13 febbraio '43.
Là la sua esuberanza e la sua
giovanile freschezza furono
annientate nella camera gas,
immediatamente dopo il suo
arrivo.
Custodite per decenni dalla
sorella Nadia, le lettere sono
state pubblicate nell'89 per
l'insistenza di Serge Klarsfeld,
presidente dell'Associazione dei
figli e delle figlie degli ebre
deportati di Francia, di fronte
al montare delle polemiche degli
storici revisionisti.
|
|
Olocausto, Green G, Mondadori,
1989
Una
storia di odio, amore e
sopravvivenza, che ha per
protagonisti due giovani, uno
tedesco e l'altro ebreo. Il
diario parallelo delle loro
esistenze, di chi si crede
vincitore ed è sconfitto
irrimediabilmente dalla storia,
e di una vittima che invece
riscatta con eroismo un popolo
per il quale non è mai esistita
pace. Il sacrificio di milioni
di persone offerte al dio
nazista e orgoglioso atto di
fede nella vita e nella libertà
rivolto alle coscienze di tutti
gli uomini. |
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
(Primo Levi "Se questo è un uomo"
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