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NEL
MARE CI SONO I COCCODRILLI
Storia vera di Enaiatollah Akbari
di
Fabio Geda
TORNEO DI LETTURA 2011
NEL MARE CI SONO I COCCODRILLI
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"Se
nasci in Afghanistan, nel posto
sbagliato e nel momento
sbagliato, può capitare che,
anche se sei un bambino alto
come una capra, e uno dei
migliori a giocare a Buzul-bazi,
qualcuno reclami la tua vita.
Tuo padre è morto lavorando per
un ricco signore, il carico del
camion che guidava è andato
perduto e tu dovresti esserne il
risarcimento. Ecco perché quando
bussano alla porta corri a
nasconderti. Ma ora stai
diventando troppo grande per la
buca che tua madre ha scavato
vicino alle patate. Così, un
giorno, lei ti dice che dovete
fare un viaggio. Ti accompagna
in Pakistan, ti accarezza i
capelli, ti fa promettere che
diventerai un uomo per bene e ti
lascia solo." |
E' questa la storia vera di
Enaiatollah Akbari, un ragazzo
afghano dell'etnia Hazara
disprezzata sia dai talebani che
dai pashtun.
Il
padre era stato
derubato e ucciso
dai banditi e la
cosa aveva provocato
nei pashtun,
proprietari delle
merci che gli erano
state rubate, un
desiderio di
vendetta o meglio di
risarcimento per il
danno subito.
Prendere come schiavo un figlio
di quell'uomo era un buon
risarcimento.
La madre, per evitargli questa
tragica fine, lo porta fra mille
difficoltà in Paki
Inizia così una terribile
odissea per quel bambino che si
ritrova solo senza denaro e
senza neppure la minima idea di
che cosa poter fare, se non la
voglia disperata di vivere e di
mantenere fede ai tre
insegnamenti che la madre, prima
di tornare in Afghanistan dagli
altri figli, gli aveva dato come
regola di vita:
non fare mai uso di droghe, non
usare armi per colpire un altro
essere umano, non rubare ma
guadagnarsi da vivere lavorando.
Regole che Enaiatollah promette
di mantenere, anche se a dieci
anni non capisce che cosa
possono significare, e che
rispetterà sempre,
nonostante le terribili
difficoltà che dovrà superare.
Nella sua mente ci sono i
ricordi terribili della violenza
che lo ha circondato nel suo
Paese e che ha potuto vedere con
i suoi occhi, così come quando
ha visto uccidere dai talebani
il suo maestro colpevole solo di
non aver voluto chiudere la
scuola.
Ma in lui c'è il desiderio
di iniziare una nuova vita e
vive facendo i lavori più
umili e faticosi, sempre con il
sorriso sulle labbra e la
riconoscenza per coloro che gli
danno un po' di cibo e un luogo
per dormire.
Enaiatollah fugge in Iran
e da lì in Turchia, e poi in
Grecia e infine in Italia.
Trafficanti di uomini, camion,
gommoni... la morte per molti
suoi compagni...
Adesso Enaiatollah ha 21 anni e
una famiglia italiana, ha
studiato, ha conservato il suo
sorriso... lui ce l'ha fatta...
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UN'INTERVISTA
CON ENAIATOLLAH AKBARI
Enaiatollah,
da quanto tempo sei a Torino, e
come ti trovi?
Sono a Torino da cinque anni, da
quando sono arrivato in Italia.
Mi trovo bene, sto facendo molte
cose. Mi sento fortunato
rispetto ai miei compaesani che,
per esempio, non hanno un posto
adatto allo studio. Io vivo in
famiglia, posso fare tanti
progetti: studio e lavoro
In Afghanistan, quand’eri
bambino, la frutta ti “nasceva
davanti agli occhi”. Cosa ti
manca di più, della tua
infanzia? Cosa vorresti trovare
anche qui?
Forse la semplicità, e l’amicizia nel modo in cui la intendiamo noi,
perché anche qui faccio amicizia
con i miei connazionali, ma
durante il mio viaggio l’amico
ti faceva anche da fratello, da
padre, anche da madre. Si
prendeva cura di te, quanto più
possibile. La stessa cosa
facevamo noi, ci davamo una
mano. Siccome eravamo soli,
ciascuno si prendeva cura
dell’altro.
Enaiatollah, nel libro
racconti che per anni hai avuto
paura ad addormentarti, perché
un mattino, svegliandoti, hai
scoperto che la mamma era andata
via. Oggi riesci a dormire sonni
tranquilli?
Sì, riesco a dormire… a volte
però vedo i ragazzi che dormono
per strada, o al Valentino (uno
dei parchi di Torino) ,
nonostante siano in Italia… Sono
minorenni, e devono dormire per
strada. Quando li vedo mi si
spezza il cuore, perché io devo
avere una stanza personale e
loro dormono per strada? È
giustizia? Non è per tutti
quanti.
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L'AUTORE -
Fabio Geda
Fabio Geda è nato e
vive a Torino nel
1972. Si occupa di
disagio giovanile e
dei problemi della
crescita e
dell’educazione dei
bambini tanto che
ormai da svariati
anni pubblica
regolarmente
articoli riguardo
questi argomenti su
“Linus” e su “La
Stampa”.
Lavora collaborando
anche con la Scuola
Holden, la
Fondazione per il
Libro, la Musica e
la Culura e il
Circolo dei Lettori
di Torino.
Esordisce nel 2007
con il romanzo “Per
il resto del viaggio
ho sparato agli
indiani” e subito
riscuote un successo
straordinario sia di
critica che di
pubblico.
Il romanzo ha
condotto Fabio Geda
nella rosa dei
finalisti del Premio
Strega e con esso si
è aggiudicato la
vittoria del Premio
Stresa di Narrativa
e del Premio del
Giovedì Marisa
Rusconi nonchè la
nomina a miglior
esordio al Premio
Letterario Via Po di
Torino. Il romanzo è
stato nominato
miglior esordio
anche dalla
trasmissione
radiofonica
Fahrenheit che ne ha
tratto una traccia
audio per i non
vedenti. La città di
Cuneo ha inoltre
selezionato il libro
come un romanzo di
lettura da proporre
ai ragazzi durante
l’anno scolastico.
Anche il suo secondo
romanzo “L’esatta
sequenza dei gesti”
(2008) si è
aggiudicato molti
riconoscimenti da
parte di critica e
pubblico. vince
infatti il Premio
Grinzane Cavour e il
Premio dei Lettori
di Lucca.
Nel 2010 ha scritto
"nel mare ci sono i
coccodrilli".
Da dove nasce la
frase che dà il
titolo al libro?
È un episodio raccontato nel libro. Quando i "clandestini" devono andare
dalla Turchia a
Lesbo, che è l’isola
greca più vicina,
più facilmente
raggiungibile,
Enaiatollah è il più
grande, e il più
piccolo ha paura a
salire sul gommone
perché crede che i
coccodrilli
morderanno il
gommone e lo faranno
affondare. Questo
per dare l’idea
delle esperienze che
questi ragazzi sono
stati costretti ad
affrontare.
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alcune pagine del libro
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