Roberto Piumini narra in
questo libro alcuni degli
episodi più famosi dell’Odissea
e così inizia la sua
rilettura: “A quei tempi, in
verità, non erano molti a
viaggiare… Ma quelli che
viaggiavano, viaggiavano
davvero… E per qualunque guerra
fossero partiti, tornavano per
la pace…”
R. Piumini, Il re dei viaggi,
Ulisse, Nuove Edizioni Romane
Un brano del libro:
Poi Nausicaa e
le compagne si
alzarono e si
divisero in due
squadre,
gettandosi una
palla di cuoio
Ulisse, nel suo
sonno segreto,
sognava il suono
di voci nella
casa di Itaca.
Sognò le voci di
altre ragazze,
ancelle della
dea, che
giocavano su
un’altra
spiaggia, al
Circeo, mentre i
suoi compagni
felici alzavan
le coppe al
sole. E sebbene
li sognasse
vivi, Ulisse
ricordò averli
tutti perduti, e
gli occhi ancora
chiusi gli si
riempirono di
lacrime: allora
si svegliò. E
nel confuso
alone delle
lacrime e dei
rami fitti, vide
le ancelle e
Nausicaa, bella
fra tutte,
correre su e giù
lungo la riva
del fiume, e
sentì come per
la prima volta
le loro voci
squillanti.
- È lì?
- No, non c’è!
- È nel
cespuglio,
allora!
- Ci dovremo
pungere tutte,
per riprenderla!
Piuttosto che
stare lì dentro,
ad aspettare che
lo scoprissero
come un
cinghialetto
spaventato,
Ulisse raccolse
la palla, fede
due passi e
sporse il
braccio dal
groviglio, per
offrirla a chi
la cercava.
Sentì strilli di
sorpresa e
spavento, e vide
le vesti bianche
disperdersi
oltre gli
alberi, come
nuvole a un
vento
improvviso.
Ulisse, piano
piano, fece un
altro passo, e
usci dal folto,
mostrandosi
interamente,
tutto coperto di
incrostazioni di
sale, foglie,
sabbia e
terriccio: e
teneva la palla
davanti a sé
come un dono, o
una scusa.
Guardò Nausicaa.
- Io non sono un
cespuglio,
giovane dea -
disse con voce
calma e
rispettosa. - E,
sebbene lo
sembri, non sono
nemmeno un
mostro della
terra o del
mare, venuto a
spaventare e
dare tormento...
Da dietro gli
alberi, le
ancelle di
Nausicaa
rabbrividivano,
sussurravano, e
chiamavano
prudenti la loro
signora: ma
Nausicaa restò
dov’era,
aspettando altre
parole.
- Io sono
naufragato qui,
su quest’isola
benedetta e
sconosciuta,
venendo da tante
e tanto grandi
sciagure, dea
gentile, che ti
sembrerebbero
impossibili se
te le volessi
raccontare. Ma
grande è la
bontà degli dei,
se mi concedono
un volto come il
tuo, dopo i
graffi e il gelo
della tempesta.
Il mio nome,
giovane dea,
è...
Ma Nausicaa alzò
la mano e lo
interruppe:
- Ospite
sfortunato, lo
dirai solo
quando io potrò
vedere il tuo
volto, e
associare veri
lineamenti. Il
tuo nome sarà
quello di un
volto umano,
come il mio,
giacché io non
sono una dea. Ma
ora lascia che
faccia il mio
dovere di
ospite.
Con voce ferma e
dolce chiamò le
ancelle:
- Care amiche,
non siate
spaventate
dall’aspetto di
questo uomo: ha
parole nobili, e
sguardo di
valore.